Si è da poco concluso il mio ultimo workshop strutturato secondo la modalità che a me piace tenere e che ritengo altmente formativa e cioé come una piccola foto-esperienza che riunisce il lato fotografico a quello umano.
Otto i partecipanti provenienti da un po’ tutto il nord Italia (Torino, Cantù, Bergamo, Treviso, Modena, Reggio Emilia); dieci in tutto con il sottoscritto e la guida. Il numero è stato contingentato a causa della particolare location del corso: una miniera abbandonata.
Iniziamo sabato pomeriggio con un incontro chiacchierata sulla natura della luce e sul funzionamento dei principali sistemi di illuminazione, in particolare dei flash portatili (quelli che alcuni chiamano in modo molto divertente flash a cobra). Dopo aver giocato un po’ con la tecnica strobist e, soprattutto, dopo una lauta cena ci siamo spostati per un breve assaggio di quello che ci sarebbe toccato nella giornata di domenica: siamo andati a fotografare ed illuminare un antico ponte medievale completamente privo di illuminazione.
Ah si, certo… perché non l’ho ancora scritto: il workshop verteva sì dal punto di vista tecnico sull’utilizzo della tecnica strobist ma, nello specifico, voleva porre l’accento sul pensare all’illuminazione delle nostre immagini in funzione di cosa volevamo comunicare.
Domenica rendez-vous con la guida, indossiamo i caschetti ed entriamo. Dopo 100 m. la luce non filtra più nel tunnel e dobbiamo accendere subito le luci sui caschetti. Ci addentriamo per i tunnel, ci fermiano a vedere pozzi, fornelli, camini, collegamenti, biforcazioni. Troviamo funghi e muffe che crescono sui resti lignei abbandonati.
Visitiamo, cunicoli, stanze, ci arrampichiamo per ripide scale scavate nella roccia. E, dove nasce l’ispirazione ci fermiamo per fare alcune foto.
Le immagini realizzate sono solo spunti, suggerimenti; facciamo prove, mescoliamo luci continue e flash, mescoliamo le carte e le tecniche: strobist, flashate multiple, light painting.
Insomma divertimento.
Un po’ di apprensione ci coglie quando dal nulla vediamo comparire delle luci: sono due speleologi che stanno esplorando le cavità naturali della miniera. Il tempo passa e ci forziamo a guardare spesso l’orologio perché nella deprivazione sensoriale della miniera il tempo ha uno scorrere diverso che non all’esterno.
L’uscita ha anche avuto delle dificoltà tecniche interessanti e pertanto formative per chi ha voluto coglierle:
– deprivazione totale della luce: capire le forme e le vie per interpretarle non è banale
– una bella scarpinata (700 gradini!)
– temperatura costante di 10° e vento dovuto al tiraggio = pile molto sollecitate (usate almeno 50 pile stilo AA.)
– alta umidità: abbiamo utilizzato la mia attrezzatura che, appena tornato a casa, ho separato e messo davanti al deumidificatore.
– scoperto che i nuovi receiver della PIXEL X, a differenza dei PIXEL KING funzionano solo con gli Yongnuo 568II ed i CANON 580EXII mentre schifa i METZ ed il CANON 580.
Ringrazio ancora una volta sentitamente per la collaborazione Michele Barachetti per l’ospitalità e l’ottima cena presso il Green Village di Bergamo.
Ringrazio tuttitutti i partecipanti al mio ws: Alessandro, Cristian, Gaia, Girolamo, Giuseppe, Gloria, Nicola, Riccardo. E’ stato un piacere conoscervi di persona ed un privilegio aver condiviso l’esperienza e la passione fotografica con voi.
Ringrazio immensamente la nostra guida per la pazienza, la grande passione e per tutta l’esperienza umana che ha voluto condividere con noi.